VERSION: - ||-   SPANISH WITH KEY WORDS: -|- << prec| succ>>|3 Ottobre 2007

Un partido de Baloncesto

Lo sapemmo dalla Domenica Sportiva: L'Italia del basket avrebbe, all'Europeo di Basket, proprio ad Alicante. Mia sorella e suo marito erano in vacanza nostri ospiti. Mike è appassionato di basket. Giocava da piccolo e va a tutte le partite di serie C della squadra locale di cui il padre è dirigente. Ci rimase male, a quanto pare gli Europei di pallacanestro li tengono sempre ad Agosto.

Io sono calciofilo, del basket mi frega poco. Però l'evento è allettante, c'è la Rai, ci sono i tifosi al seguito. Ala mi dice che se ne è parlato in ufficio, che i biglietti sono costosi ed introvabili. La fa lunga perché non ha voglia di andare. Chiamo il call center per la prevendita ma non mi fanno capire molto. La gestione è farraginosa. Ala mi dice che qualcuno vende un biglietto per la terza giornata, quella di Italia-Polonia. Lei non può venire, va a Bruxelles per lavoro: via libera!

Il giorno della partita

Ultimamente mi voglio autoconvincere che delle macchina se ne può fare a meno. Con il trolley per la spesa compri dove vuoi, e poi la città non è enorme, volendo la si percorre a piedi tutta e fa anche bene, altro che. Metto lo zainetto in spalla e vado.

una gradevole passeggiata

una gradevole passeggiata

Alicante topograficamente parlando, è facile da inquadrare. E' come un semicerchio poggiato sul mare, con la Gran Via che fa da guscio. Le strade di accesso la attraversano come tanti spilli conficcati in un cuscinetto. Io vivo sul più meridionale di questi spilli. Per arrivare al Palazzetto devo percorrerlo tutto più un terzo di Gran Via. Al centro a piedi ci vado di frequente, ci vogliono 45 minuti e a giudicare dalla mappa lo stadio sembra meno lontano. Oggi però piove e l'enorme arteria non è pensata per i pedoni, il palazzetto è dietro un lungo pendio in salita. Percorrere a piedi strade a scorrimento veloce è frustrante, rende sgradevole il tragitto, allontana nella percezione la meta. Diciamola tutta: a volte è bello fare a meno della macchina ma non sempre.

Il merchandising

Desidero un vessillo, una bandiera, qualcosa che mi consenta di affermare la mia identità sportiva. Abituato agli stadi Italiani, mi aspetto la selva di bancarelle, abusivi, bagarini, venditori di salsicce tipica di ogni antistadio Italiano, Milano e Torino incluse, nei giorni di partita. Il tutto gestito o controllato da mafie di vario assortimento. Invece non c'era nulla. A vendere gadget, bibite e vivande sono solo i punti vendita ufficiali all'interno. Prendo una sciarpa tricolore con il logo dell'europeo e la mascotte del torneo per mia nipote, a prezzi tutt'altro che di saldo. Il merchandising è una gallina dalle uova d'oro. Qui non sarà la Svizzera ma la legalità la fanno rispettare un pò in più. Questa è una delle ragioni per cui i club spagnoli navigano nell'oro mentre i nostri passano il tempo a mendicare trattamenti fiscali agevolati, regalie e stadi costruiti e mantenuti con i soldi dei comuni, cioè anche di coloro che di calcio o di basket o di rugby o di Tiro al piattello se ne fregano ben poco. L'ennesimo prezzo che paghiamo per consentirci tanta trasbordante ed inestirpabile illegalità sebbene non il più grosso.

L'aria serena del basket

Dentro il clima è da idillio Decoubertiano. I tifosi sono mischiati, non ci sono ultras, si tifa senza malanimo.

la partita

la partita

Scrivo a Mike. Gli dico di accendere la TV perché sono al palazzetto. La Slovenia è sotto, ma gioca bene. E' una squadra giovane zeppa di talenti mi dicono dei ragazzi sloveni. Ad una manciata di secondi dalla fine sorpassa la Francia delle star poi il tiro libero del pareggio finisce sul ferro. Bel finale. I Francesi smettono di ritmare il celeberrimo tormentone dei Seven Nations Army, il famoso poporopopo da mondiale vinto. Pensavo fosse nostra esclusiva prerogativa ma mi sbagliavo.

Rimango calciofilo

Non ho mai capito perché il calcio non possa essere vissuto alla stessa maniera. Sempre si dice 'vedete? Il Rugby è diverso, la pallavolo è diversa, il basket è diverso'. Come dargli torto è proprio così. Non fosse per il rumore assordante penserei di essere a teatro. Sono sport di nicchia con tre milioni di tifosi. Ne avessero trenta, rappresentassero gli umori profondi di una nazione, anche i più beceri e rancorosi, godessero di un livello quasi universale di partecipazione emotiva, come è per il calcio, dubito riuscirebbero a salvarsi.

Mi godo la festa, la serata diversa sapendo che domani tornerò ai miei vizi. Lo sport senza 'nemici' è come la birra analcolica, il caffè senza caffeina, il te senza teina: fanno bene ma non scaldano il cuore. Non c'è gusto a vedere partite senza il terrore sacro che se il risultato non è quello che vuoi il giorno dopo i 'nemici' ti mettono sulla graticola e viceversa.

Tocca all'Italia

L'Italia partiva tra le favorite, poi tra cali di forma ed infortuni aveva perso quota nei pronostici e con essa anche le prime due partite. Se perde va a casa. Mike mi aveva giurato e spergiurato che con la Polonia sarebbe stata una passeggiata. Ma dopo dieci minuti siamo sotto di due punti. Riscrivo. “Sicuro che vinciamo?” mi risponde dopo dieci minuti quando l'Italia è avanti di dieci “ La sto vedendo in TV! Fatti vedere! Fai invasione di campo! Molesti sti polacchi ma vinciamo”. Ci sono posti liberi nella prima fila a ridosso della balaustra che da sul campo. Non vengo inquadrato, però il campo è vicinissimo, si vedono le facce, si sente il rimbalzo del pallone, l'evento è vicino, ci sei dentro. L'Italia va a folate. Gioca benissimo e accumula punti, poi si rilassa. La Polonia rientra prima del nuovo allungo azzurro. Si riavvicina più volte ma alla fine perde. Siamo salvi, non si sa per quanto. Avrei sperato l'Italia riuscisse a trionfare come spesso succede quando nessuno darebbe più un centesimo: Sciarpa e mascotte finivano di sicuro su ebay ma i miracoli raramente si ripetono.

Il lungo ritorno a casa

Ho fame e mi dirigo verso il centro sempre a piedi. Sbaglio strada e allungo un po'. Le strade sono vuote e fa una certa impressione ma non è una città pericolosa. Spunto dalle parti della stazione Renfe, le ferrovie spagnole. Il Burger King sta chiudendo, non c'è molto altro. Imbocco Alfonso Savio e punto alla Rambla. E' la strada commerciale, di giorno brulica di attività ma a mezzanotte è vuota. Alicante ha la reputazione di città che vive di notte, ma la verità è che la vita notturna è concentrata nelle poche centinaia di metri quadri del Casco Antiguo, tra Rambla e Castillo. Sfrutto il deserto per fregarmi un poster “Alicante a Escena” la rassegna di teatro amatoriale. E' per Ala, lo troverà appiccicato alla porta della cucina al ritorno dall'effervescente Belgio. Dice che le manca il fervore culturale di Varsavia. Dice che qua sono tutti superficiali, di non riuscire a trovare persone intellettualmente coinvolte. Sarà, ma se non le cerca è difficile. Frequenta principalmente colleghi. Cosa che detesto. Passi, e a fatica, che sia il mio datore di lavoro a decidere del 90% del mio tempo, della posto dove devo vivere, del grosso delle cose che faccio. Che debba decidere delle mie amicizie e magari scegliermi il partner mi sembra troppo. Si, sono decisamente retrò ed anti-moderno.

la rambla Nuño Perez

la rambla Nuño Perez

La rambla è un confine, è una sorta di linea verde tra la parte di città che vive di giorno e di notte si svuota ed il Barrio che non ha negozi e traffico e si riempie solo dopo le dieci. E' l'unico segmento di città sempre popolata, round-the-clock. Pensavo alle Tapas ma non hanno un aspetto invitante e decido per un kebab. Ci sono Sloveni in festa dovunque. Ci sono Italiani, ma più dimessi, per oggi scampato pericolo, ma durerà poco.

Non me la sento di tornare a casa a piedi. Dopo le 11 i bus non passano più. Faccio la coda per il taxi, mezz'ora. Le strade sono sgombre, mi costa sei Euro. Un'altra delle ragioni per cui qui si può fare a meno della macchina. Ma questo merita una post a parte.